La Cattedrale di Otranto e il Mosaico

Particolare della Cattedrale di Otranto
Particolare della Cattedrale di Otranto - foto di Carmelo Raineri

Nel pieno centro del borgo antico, sorge una delle meraviglie architettoniche non solo di Otranto, ma di tutto il Salento: la Cattedrale di Santa Maria Annunziata.

Non si tratta di una semplice chiesa o solo di un luogo di culto bello da vedere ed ammirare, ma di una straordinaria testimonianza storica della vita della città, di un tesoro artistico di assoluto valore, ed anche di un simbolo della cristianità a causa degli avvenimenti accaduti fra le sue mura.
Giunti in piazza Basilica, ci troviamo di fronte ad una struttura pulita, lineare, lontana dai mille fronzoli del barocco salentino. La Cattedrale infatti risale alla seconda metà dell’anno 1000, ed è stata costruita su antichi resti di villaggi messapici, romani e paleocristiani. Inoltre ha subito numerosi assalti, è stata più volte distrutta e ricostruita. Un episodio su tutti è certamente l’invasione turca del 1480, durante la quale fu scritta una delle pagine più tristi per la città: all’interno della cattedrale infatti furono massacrati i fedeli e i membri del clero che si rifugiarono fra queste mura per sfuggire all’attacco. Il luogo cristiano fu defraudato e adibito a moschea, e i tesori artistici contenuti andarono distrutti, fino a quando la chiesa e la città tutta venne liberata ad opera degli Aragonesi.

Per questi motivi la Cattedrale presenta uno stile originale: la facciata ha una forma a capanna, con un grande rosone centrale, arricchito da sottili trafori di marchio gotico attraversati da 16 raggi convergenti; ci sono due portali, uno maggiore di stile barocco, scortato da due colonne che sorreggono l’architrave, ed uno inferiore aggiunto in un secondo momento e situato sul lato sinistro. Si tratta di elementi voluti dai vari arcivescovi che negli anni si sono susseguiti al comando della diocesi otrantina.

La struttura è a pianta basilicale e il suo interno si può godere di uno spettacolo architettonico ed artistico. Spicca immediatamente la classica divisione in tre navate, limitate da file di cinque colonne corinzie collegate l’un l’altra da ampie arcate a doppia ghiera lunata. A impreziosire la navata centrale ed il presbiterio è il bellissimo soffitto a lacunari lignei, con dettagli dorati. Ad arricchire le navate centrali sono invece i dipinti e i sei altari dedicati a sacramenti e simboli cristiani.

In fondo alla navata destra si trova poi una delle memorie più toccanti della Cattedrale: la cappella dei Martiri. È una parte della chiesa dedicata al ricordo dello storico sterminio dei Martiri d’Otranto, cioè degli 800 abitanti cristiani che nel 1480 furono massacrati dai turchi per non voler rinnegare la propria fede. Guardando i resti esposti, le ossa, e la ‘pietra del martirio’ sulla quale probabilmente avvennero gli assassini lascia assolutamente senza fiato, e ci riconduce al dolore che le guerre religiose provocano ancora oggi.

Vero gioiello dell’interno della Cattedrale è il mosaico pavimentale: un’opera d’arte di assoluto valore, dalla bellezza sbalorditiva e dal grande significato. Il capolavoro realizzato dal monaco Pantaleone e terminato nel 1164, raffigura infatti l’albero della vita, e i passaggi raccontati dall’Antico Testamento, che narrano del cammino che l’uomo svolge per dirimersi dal peccato e cercare la salvezza eterna. ‘Attori’ del mosaico sono quindi Adamo ed Eva, ma anche altri personaggi e numerosi animali, ognuno naturalmente con il proprio carico simbolico. L’opera impreziosisce, con la propria magnificenza, le navate ed il presbiterio.

A completare gli elementi interni della chiesa, ci sono anche due organi antichi: nel braccio destro del transetto, è possibile ammirare un organo a canne risalente al XVIII secolo, detto anche organo Kircher dal nome del suo costruttore. Nel braccio sinistro del transetto invece abbiamo un organo ben più recente, costruito nel 1960 dai fratelli Ruffatti, più moderno e tutt’ora funzionante.

Ben più antica è invece la cripta, costruita nel XI secolo, e che rappresenta una delle parti più interessanti dal punto di vista architettonico dell’intera struttura. Si tratta infatti della più antica delle cripte pugliesi, e la sua importanza è dovuta anche alle considerevoli dimensioni. La particolare conformazione della cripta, divisa in 5 navate e 72 fra colonne e pilastri porta a concludere che essa sia una sorta di miniatura della Mesquita di Cordova e della Moschea Blu di Costantinopoli, ulteriore conferma del miscuglio culturale di cui Otranto è stata da sempre protagonista. Miscuglio culturale, incontro fra popoli, combinazione di diversi stili artistici che nella cappella sotterranea è testimoniato da un altro elemento importante: l’incredibile diversità ed eterogeneità delle 42 colonne su cui essa è costruita. Ognuna di queste, infatti, ha una propria qualità e provenienza di marmo e granito, e diversi capitelli in stile ionico, corinzio, bizantino ed islamico. Inoltre la cripta è accessibile tramite due scalinate situate all’interno cattedrale.

La Cattedrale di Santa Maria Annunziata, teatro della cultura, dell’arte, della religione, della storia di Otranto, offre ai fedeli e ai visitatori di essere ammirata gratuitamente, con orari di apertura che vanno dalle 7.00 alle 12.30, e dalle 15.00 alle 20.00 per quanto riguarda il periodo estivo, mentre dalle 7.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.00 per il resto dell’anno, e in base naturalmente alle funzioni religiose.

 

Mosaico pavimentale
Mosaico pavimentale - foto di Paul Barker Hemings by CC BY-SA 2.0

Tipica tecnica dell’età medievale, il mosaico ha da sempre rappresentato un’opera affascinante, simbolo di minuzia, precisione, estreme difficoltà e sicuramente tanta, tanta pazienza. Ad Otranto, presso la Cattedrale di Santa Maria Annunziata, è possibile ammirare uno dei mosaici più spettacolari e significativi del panorama artistico pugliese ed italiano.

Il mosaico pavimentale della Cattedrale ha delle dimensioni considerevoli, estendendosi per tutta la lunghezza della navata principale, ed essendo costituito da circa 600.000 tessere policrome di composizione calcarea locale. Esso raffigura l’Albero della Vita e fu commissionato dal vescovo Gionata nel lontano 1163 e realizzato dal monaco Pantaleone dell’Abbazia di S. Nicola di Casale in Otranto, che terminò il capolavoro nel 1165. 
Una prima particolarità del mosaico è proprio il fatto di avere inciso su di esso il nome del proprio autore, in corrispondenza dell’entrata principale, fatto quantomeno inconsueto per l’epoca e dovuto probabilmente al privilegio di voler rendere merito all’artista come ringraziamento per la splendida riuscita del lavoro.

Come detto, il significato che la maggior parte degli esperti dà alla rappresentazione è quello dell’Albero della Vita, ma ci sono teorie controverse e non si è mai giunti ad una conclusione in grado di soddisfare tutte le scuole di pensiero, facendo restare sempre un velo di mistero intorno all’opera.

Ciò che è palese, comunque, è che attorno all’albero, che si estende dall’ingresso fino al presbiterio, si sviluppano una moltitudine di scene contenute nell’Antico Testamento, simbolo del tortuoso cammino compiuto dall’uomo per dirimersi tra i peccati e raggiungere la salvezza eterna: le vicende di Adamo ed Eva, quelle di Caino, Abele, la concezione dell’Inferno e del Paradiso. Non mancano, però, i riferimenti mitologici e storici come quelli a Re Artù e Alessandro Magno. Molto suggestiva è anche la raffigurazione dei dodici mesi dell’anno cui  è dedicata una parte circolare oltre alla rappresentazione delle relative fatiche stagionali.

La ricchezza e la varietà degli elementi e dei simboli presenti è un’ulteriore testimonianza  di quanto Otranto abbia sempre  rappresentato un punto d’incontro fra culture, fra popoli, fra diverse correnti artistiche e culturali. La posizione geografica di cui gode la città ha facilitato l’incontro e lo scambio fra Occidente e Oriente, esponendo spesso il luogo ad attacchi ed invasioni che hanno più che favorito, imposto la propria cultura. Dopo millenni di storia ciò che rimane è una serie di tesori, impronte, segni del passaggio di popoli diversi, che hanno arricchito anche e soprattutto dal punto di vista artistico i tesori otrantini. Ecco, il mosaico pavimentale della Cattedrale è praticamente un esempio di tutto questo: creato come un enorme tappeto di preghiera per i fedeli, raffigura numerosi simboli di culture diverse, di arte orientale ed occidentale, di scene religiose e di vicende esclusivamente umane, terrene. Del resto, se l’Albero del mosaico rappresenta la Vita, è giusto che in esso siano presenti gli uomini, le preghiere, i riferimenti religiosi, le fatiche quotidiane, gli importanti avvenimenti storici e la continua lotta fra il Bene ed il Male.  

Si tratta anche di una sorta di viaggio nella coscienza umana, con il cammino di redenzione che l’uomo è costretto a fare per raggiungere la pace, in una lotta continua contro il peccato originale. Oltre le vicende di Adamo ed Eva sono presenti, infatti, riferimenti al diluvio universale, all’arca di Noè, che termina però con uno dei simboli per eccellenza della pace e della salvezza: il ramoscello d’ulivo.

Altri elementi molto frequenti nel mosaico sono gli animali, ognuno con i propri significati: agli elefanti che sostengono le radici dell’albero è attribuito il significato della forza morale, dell’umanità che lotta fra bene e  male. Ai roditori è attribuita l’allegoria della vita, i cavalli, invece, simboleggiano la passione dei sensi che l’uomo può riuscire a controllare o meno, lasciandosi andare.

Trovarsi sopra il mosaico e notare questa moltitudine di simboli ed elementi è un’esperienza unica, in cui è possibile studiare, osservare, vivere quasi in prima persona le vicende raffigurate, senza per forza essere degli esperti d’arte. E di certo non è necessario essere degli esperti per lasciarsi trasportare dall’assoluta bellezza del mosaico pavimentale.

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